Attualità e Politica
06/02/2017 | 18:50
06/02/2017 | 18:50
ROMA - «La spesa sanitaria per curare i malati di G.A.P. (il gioco d'azzardo patologico, ndr) non è di 7 miliardi l’anno ma è quella attestata dalla Presidente della 12° Commissione Permanente del Senato: tutti i SerD italiani, per tutte le dipendenze, dall’alcool alla droga, all’azzardo, spendono, al massimo, 200 milioni di euro complessivamente».
È quanto puntualizza una nota di Astro, pubblicata sul sito dell'associazione, in riferimento ad un articolo del settimanale L'Espresso in edicola questa settimana, dedicato al mondo dei giochi. «Lo stanziamento annuale complessivo per la cura del G.A.P., infatti, è di 50 milioni di euro annui, che nessuna Regione ha decretato come insufficiente per la propria quota-parte, da cui deriva un costo medio per la cura del paziente di 3.333 euro e non di 38.000 euro».
Nel pezzo si fa riferimento ai 95 miliardi giocati, ma «la spesa del giocatore è la differenza tra “giocato” e “restituito”, quindi nel 2016 è stata pari a 18,5 miliardi di euro, equivalente ad una media di 617 euro/anno per giocatore (meno di 2 euro al giorno)».
Quanto alla tassazione, che nell'articolo viene definita “ridicola”, la nota osserva: «Le accise sul gioco lecito sono di 10 miliardi di euro (+ 25% rispetto al 2015) a fronte di una raccolta lorda - base imponibile tributaria e non “spesa” - di 95 miliardi di euro. Questo significa che se la differenza tra “in” e “out” è 18,5 miliardi, somma a disposizione per ricavi e accise, lo Stato preleva, a titolo di accise, il 54,4% del “cassetto”».
Altro punto, il numero di malati di G.A.P, indicati nell'articolo in 790 mila. Così la nota: «I malati di G.A.P. censiti sono i pazienti dei SerD, ovvero 15.000, mentre quelli “potenzialmente malati” sono attualmente desunti da fonti che non hanno nessun aggancio con la tradizionale indagine epidemiologica».
«Ciò posto – conclude Astro - in Italia l’offerta di gioco complessiva, non solo quella delle slot, è sicuramente eccessiva e andrebbe limitata così come andrebbe limitata, ad esempio, la pubblicità nel gioco».
RED/Agipro
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