Attualità e Politica
04/01/2017 | 16:41
04/01/2017 | 16:41
ROMA - L’Autorità Anticorruzione di Raffaele Cantone ha avviato nelle ultime ore la procedura per il commissariamento di Global Starnet (ex Bplus), concessionario di giochi che fa capo a Francesco Corallo. Il 13 dicembre, l’imprenditore catanese è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Roma con l’accusa di aver sottratto centinaia di milioni di euro al fisco, proventi che sarebbero poi finiti in un giro transnazionale di riciclaggio. La Global Starnet potrà visionare gli atti sulla vicenda depositati presso l’Autorità anticorruzione e presentare proprie memorie entro 15 giorni; successivamente Anac valuterà la richiesta di commissariamento su cui dovrà decidere il prefetto. La necessità di un intervento istituzionale sulla condotta della società non è una novità per il marchio leader nel settore delle slot.
Già tre anni fa, nel marzo 2013, i vertici dei Monopoli e il top management della società (a quei tempi coinvolta nel caso giudiziario dei finanziamenti Bpm) si erano incontrati per discutere sulla possibile istituzione di un “blind trust” per Bplus, che separasse la proprietà dalla gestione. Tale soluzione aveva già avuto l’ok dell’allora prefetto Giuseppe Pecoraro e, secondo quanto emerge dalle carte di "Rouge et Noir", portò a un sostanziale stop dei trasferimenti di denaro verso l’estero. Il risultato fu ottenuto anche grazie alla vigilanza di un “Organo di controllo” istituito da Anac, Prefettura e Monopoli – e accettato dalla stessa proprietà di Bplus – nei mesi che precedettero il primo commissariamento. Secondo quanto riporta l’informativa della Guardia di Finanza alla base dell’inchiesta – visionata da Agipronews – nel corso di una lunga e accesa riunione a piazza Mastai gli avvocati dello Stato, Giuseppe Fiengo e Amedeo Elefante, che rappresentavano sia la Prefettura sia i Monopoli, fecero forti pressioni per far accettare alla società (in quelle settimane colpita da un’interdittiva antimafia del prefetto di Roma, Pecoraro) l’ipotesi di un “blind trust” per la gestione.
La decisione, condivisa con la Prefettura e con l’Anac, portò successivamente alla nomina nell’aprile 2013 di un trustee – l’avvocato olandese Jeroen Veen - che sostituì di fatto i manager. La soluzione avrebbe consentito di tutelare gli interessi dell’Erario e anche dei dipendenti, evitando il rischio di un fallimento. Secondo l’avvocato Fiengo, è scritto ancora nel report sulla riunione riportato nell’informativa delle Fiamme Gialle, la scelta del blind trust garantiva trasparenza: “Ci garantisce, cioè … che fa delle scelte, e delle scelte che devono avere due interessi: salvaguardare l’impresa e consentire di avere corretti rapporti con l’Amministrazione. Questo è! Non pretendo niente di più!”, afferma Fiengo. Nel corso dell’incontro l’avvocato di Bplus, Scuderi, rispose così: “Vogliamo garantire nel miglior modo possibile la consistenza aziendale, il funzionamento aziendale che è garanzia anche per l’Amministrazione, posto che l’azienda pompa quello che pompa a favore dell’erario, e lo sappiamo, e quindi l’interesse è comune in questa prospettiva, e garantire gli assetti”.
Per meno di un anno (dal settembre 2013 al maggio 2014) al “blind trust” fu quindi affiancato dal prefetto un tandem di controllori dei flussi di cassa - Alfonso Rossi Brigante e Luca Cristini, rispettivamente ex Capo sezione della Corte dei Conti e dirigente dell’Agenzia delle Entrate – che garantì la correttezza delle operazioni finanziarie, come emerge da una relazione dello stesso Cristini alla Procura di Roma. Successivamente, la gestione di Bplus tornò ai manager grazie alla sospensione dell’interdittiva prefettizia da parte del Tar Lazio. Poco dopo, nel maggio del 2014, i controllori furono allontanati e qualche settimana dopo la Gdf registrò la ripresa di trasferimenti di fondi verso l’estero – in due tranche, per complessivi 27 milioni di euro – oltre al mancato versamento del canone di concessione. Una situazione che convinse Pecoraro e Cantone a intervenire ancora, stavolta commissariando Bplus con la nomina del triumvirato composto dall’ex generale Gdf Vincenzo Suppa, dal consulente aziendale Stefano Sestili e dallo stesso dirigente dell’Agenzia delle Entrate. Era l’agosto del 2014. Poco più di un anno dopo la fine della gestione commissariale, giunta a novembre 2015, sarebbe scattata l’operazione “Rouge et Noir”. Ora, l’ipotesi di un nuovo commissariamento - imposto da Prefetto e Anac - per la società leader del settore degli apparecchi torna di stringente attualità.
NT/Agipro
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