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Attualità e Politica

08/10/2020 | 17:08

Bingo, Tar Lazio: "Proroga della concessione troppo costosa, canone torni da 7.500 a 2.800 euro"

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ROMA - La somma richiesta alle imprese del bingo per la proroga della concessione determina «una situazione di grave insostenibilità economico-finanziaria» per le imprese del settore. È quanto scrive il Tar Lazio nell'ordinanza che riporta a 2.800 euro il canone mensile richiesto alle aziende associate ad Ascob, la cifra prevista nella prima proroga del 2014. Il caso era stato sollevato dall'associazione - rappresentata dallo studio Giacobbe Tariciotti & Associati, con gli avvocati Matilde Tariciotti e Luca Giacobbe - dopo il provvedimento dello scorso luglio con cui Adm aveva respinto la sospensione del pagamento del canone o la riduzione a 2.800 euro mensili, rispetto ai 7.500 previsti dall'ultima proroga. Il ricorso, scrive il Tar, è «sostenuto dal requisito del periculum in mora, atteso il pregiudizio economico in relazione alla situazione di grave insostenibilità economico-finanziaria del canone concessorio». I giudici hanno quindi sospeso la nota Adm, stabilendo «a garanzia degli interessi patrimoniali dell’amministrazione» che fino alla sentenza di merito gli operatori «versino all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli la somma di euro 2.800,00 mensili ciascuna e, per la restante parte e fino alla copertura dell’intero ammontare del canone preteso (pari ad euro 7.500,00), prestino fideiussione bancaria o assicurativa (ulteriore rispetto alla cauzione già prestata)». La fideiussione dovrà essere «proporzionata alla differenza di canone non corrisposta per dodici mesi» e presentata entro trenta giorni, «con l’avvertenza che la mancata prestazione di tale garanzia comporterà l’automatica perdita di efficacia della disposta misura cautelare».
Il caso Ascob al Tar Lazio è strettamente collegato a un diverso giudizio - pure presentato dall'associazione - già pendente in Corte Costituzionale. Identico il tema dei ricorsi, ovvero l'aumento del canone concessorio per la proroga da 2.800 euro agli attuali 7.500 euro; una cifra ritenuta troppo alta e incostituzionale dagli operatori, che nei prossimi mesi sosterranno le loro motivazioni davanti alla Consulta per poi tornare al Tar per il giudizio di merito. LL/Agipro

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