Attualità e Politica
16/04/2018 | 13:51
16/04/2018 | 13:51
ROMA - Ha giocato d’anticipo e ha subito recepito la decisione del Comitato Olimpico Internazionale, che nello scorso settembre ha aperto agli eSports, i tornei di videogames che ormai attirano sempre più audience e partecipanti, equiparandoli a qualsiasi altra disciplina sportiva. A febbraio, la Federazione Italiana Taekwondo, è stata la prima federazione ufficiale a riconoscere gli eSports come una vera e propria attività sportiva, offrendo pieno supporto agli atleti digitali che si misurano nei combattimenti sul tappeto virtuale. Agipronews ha intervistato il presidente della FITA, Angelo Cito, per capire i motivi e le conseguenze di una tale e rivoluzionaria decisione.
La FITA è stata la prima federazione a recepire l’apertura del CIO, e di conseguenza del CONI, verso gli eSports. Come è nata questa decisione e concretamente cosa volete fare?
«La decisione di aprire agli eSports è nata a giugno, in seguito ad un incontro che ho avuto a livello internazionale, durante il quale sono stato informato della volontà di equiparare gli eSports a discipline sportive vere e proprie. A settembre poi, il CIO ha confermato questa intenzione. In concreto la FITA intende proporsi come punto di riferimento per quanto riguarda gli eSports specializzati sui giochi da combattimento, dando loro una struttura e un'organizzazione, come succede normalmente per una qualsiasi attività sportiva che abbia ambizioni competitive e Olimpiche. Mi riferisco al riconoscimento dello status di atleta ai giocatori, oltre al programmare una vera e propria formazione per tecnici e preparatori dei giocatori/atleti».
Che prospettiva di crescita vedete nel futuro degli eSports in Italia?
«Decontestualizzare l’Italia dal resto del mondo è un errore da non commettere. Nello sport si ragiona a livello globale e ciò che interessa al resto del mondo prima o dopo interesserà inevitabilmente anche al nostro Paese. Nello specifico degli eSports, bisogna sapersi organizzare in tempo per farsi trovare pronti qualora arrivasse l’ufficializzazione da parte del CIO. A livello mondiale i ritardi organizzativi si pagano a caro prezzo e nell’ambito dello sport ancora di più che negli altri settori, per tirare fuori atleti competitivi e vincenti ci vogliono molti anni di duro lavoro e investimenti importanti».
Operativamente, come pensate di supportare le realtà italiane degli eSports? Parliamo non solo di associazioni, ma anche di squadre e singoli giocatori. Pensate di creare una vostra squadra per partecipare alle competizioni internazionali?
«L’atteggiamento della FITA è quello di apertura e ascolto delle varie realtà esistenti. Se così non fosse lo considererei presuntuoso da parte nostra, mentre il confrontarsi e mettere a disposizione le proprie competenze al fine di creare un programma federale insieme a chi crede in un progetto di sviluppo serio di questo settore, è molto stimolante per tutti gli operatori del settore. Le competenze e la conoscenza devono essere il fulcro del progetto. Il riconoscimento degli eSports non può prescindere dal rispetto delle regole del sistema sportivo nazionale e internazionale. La formazione di una squadra deve essere l'obiettivo primario perché possa rappresentare ufficialmente l’Italia».
Gli eSports alle prossime Olimpiadi, dal vostro punto di vista quante possibilità ci sono che l’evento possa avverarsi?
«I Giochi Olimpici sono un palcoscenico molto ambito, ma per poterlo calcare bisogna soddisfare determinati requisiti che il CIO richiede. La vera novità da dover monitorare è che oggi molto più che in passato stiamo assistendo ad aperture e attenzioni verso quelle attività sportive che interessano molti giovani. La domanda da farsi è: gli eSports sono tra queste? Io credo di sì!»
Gli eSports sono un ottimo veicolo di promozione e di conseguenza muovono, perlomeno a livello internazionale, grandi capitali. Pensate che un’apertura generalizzata, possa fare complessivamente far bene agli sport meno conosciuti, sia dal punto di vista dell’immagine che da quello finanziario?
«Affrontare la questione solo dal punto di vista economico-finanziario, oltre ad essere estremamente riduttivo, non permette di raggiungere l’obiettivo di far diventare gli eSports delle vere attività sportive da poter includere nel programma Olimpico. Oggi molte discipline, seppur economicamente rilevanti, non fanno parte del panorama Olimpico, mentre molte altre finanziariamente meno facoltose, sono ufficialmente sport olimpici. Come ho detto prima, per diventare disciplina Olimpica bisogna soddisfare determinati requisiti: al primo posto vanno messi i valori e i benefici che determinate attività hanno sulle persone. Personalmente sono stato sempre convinto che la contaminazione di diverse realtà porti ad un miglioramento ed a una crescita reciproca, e questo può valere anche tra sport ed eSport, se naturalmente la suddetta contaminazione avviene nel rispetto reciproco e nell'interesse comune».
AG/Agipro
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