Caso Liguria, Rossetti (Pd): «Toti in difficoltà, a cinque mesi dalla proroga nessun passo avanti sulla nuova legge»

ROMA - «Mi sembra che il presidente Toti sia in grande difficoltà. Sperava che il Governo dettasse norme rigide sui giochi, sgravandolo dall'obbligo di dover prendere decisioni scomode. Invece l'intesa raggiunta in Conferenza Unificata riconosce un forte ruolo agli enti locali e ammette che comuni e regioni possano adottare provvedimenti più restrittivi rispetto ai termini dell'accordo.  E quindi adesso Toti non sa come uscire dall'impasse». Tagliente il giudizio di Pippo Rossetti, consigliere regionale ligure del Pd, ex assessore nel periodo di presidenza di Burlando. Sul fronte del contrasto al gioco patologico è uno dei politici più attivi. 

A proposito di giochi, la tensione in Liguria è destinata ad alzarsi: a maggio prossimo scadrà la proroga voluta dal governatore Toti, che ha differito di un anno l'applicazione della legge regionale, rimandando di fatto la decadenza di gran parte delle vecchie concessioni. In mancanza di una nuova proroga o di una modifica della legge, molti operatori dovranno chiudere nella primavera del 2018.

Quali possono essere ora le mosse del governatore?

«Una nuova proroga sarebbe una scelta politica ben precisa, che però lo metterebbe in difficoltà con alcuni comuni importanti, nei quali sono in vigore da tempo ordinanze restrittive sui giochi. Parlo ad esempio di Savona, ma soprattutto di Genova, dove il nuovo sindaco Bucci, di centro-destra come Toti, si propone come tutore delle famiglie e mostra una vocazione che lo porta agli antipodi rispetto al gioco d'azzardo». 

Come opposizione, come vi state muovendo?

«Abbiamo presentato una proposta di modifica della legge regionale, ma non aveva alcuna possibilità di essere presa in considerazione, così l'abbiamo ritirata. Abbiamo anche chiesto che la Regione, attraverso l'Osservatorio Nazionale, analizzasse i dati sulla ludopatia, andando oltre i numeri che riguardano i sert. Bisogna capire che non ci sono solo i sert, altre realtà combattono il gioco d'azzardo. Ad esempio, ai centri di ascolto delle parrocchie si presentano spesso familiari di giocatori disperati perché affogati nei debiti. I dati dei sert e dell'Osservatorio Nazionale non coincidono e bisognerebbe fare chiarezza. L'assessore alla Sanità, Sonia Viale, ci ha risposto che non ci sono i soldi per soddisfare questa esigenza».

La proroga è scattata già da cinque mesi: a livello istituzionale quali passi sono stati fatti per risolvere il problema delle concessioni a rischio?

«È stato fatto ben poco. La giunta regionale ha costituito due tavoli separati: uno coordinato dall'assessore alla Sanità Viale, un altro dall'assessore allo Sviluppo Economico, Rixi. Noi avevamo chiesto un tavolo unico, perché parlando di gioco patologico si devono considerare sullo stesso piano il tema della dipendenza, l'aspetto normativo e il problema occupazionale. Ad ogni modo, come opposizione abbiamo ottenuto di partecipare solo al tavolo Viale, il quale si è riunito due volte senza concludere nulla». 

Qual è il suo giudizio sull'accordo Governo-enti locali?

«Intanto è bene che sia arrivato, perché sblocca la situazione dopo mesi di trattativa. È positivo che i comuni abbiano la loro autonomia nella distribuzione dei punti di gioco. Mancano invece disposizioni più severe sulla pubblicità delle aziende di settore». 

L'accordo taglia del 35% gli apparecchi e dimezza i punti di gioco. Provvedimenti che uniti ai distanziometri regionali provocheranno ricadute occupazionali molto serie. Ci sono rimedi possibili?

«È ovvio che, diminuendo le occasioni di gioco, caleranno anche i guadagni delle aziende e conseguentemente i livelli occupazionali. È un effetto inevitabile. Per questo, già prima dell'intesa tra Governo ed enti locali, avevamo chiesto all'assessore Rixi di aprire un tavolo di crisi di settore. Considerata la futura riduzione dei punti di gioco, bisogna in qualche modo sostenere gli esercizi commerciali a rischio chiusura e i lavoratori a rischio licenziamento. La nostra proposta, purtroppo, non è stata minimamente presa in considerazione».
MF/Agipro