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Poker & Casinò

01/04/2003 | 15:43

LE CARTE DA GIOCO: DALLE ORIGINI AL POKER

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le carte da gioco dalle origini al poker

La nascita del Poker "moderno", il gioco più diffuso al mondo, quello con le regole attuali,  è collocato dagli storiografi verso la fine dell'Ottocento negli Stati Uniti. In realtà, le origini del poker hanno origini ben più lontane nel tempo. Non si sa se sia contemporaneo alla nascita delle carte da gioco, importate in Europa prima dell'anno Mille da popoli orientali (India o Cina). Quel che è certo, è che le carte intese come "gioco" compaiono in Europa per la prima volta attraverso gli arabi, in Spagna. Sono loro ad insegnare, verso la metà del XIV secolo, che le carte non sono soltanto un mezzo di divinazione, ma che possono servire a passare piacevolmente il tempo nelle austere corti di Castiglia, Granada e Aragona. I "maestri di carte" sono i servi arabi catturati dagli spagnoli tra i nemici delle numerose guerre di quel periodo. Il primo nome "europeo" delle carte è "naipes" di sicura derivazione dall'arabo "na'ib", nome con il quale vengono tutt'ora chiamate nei paesi musulmani.
Le prime carte da gioco furono prodotte per uso esclusivo dei signori, disegnate a mano con splendide decorazioni, dai "cartexellari" con l'intervento dei più grandi artisti del tempo. Addirittura mazzi di carte-capolavoro, entrarono nei corredi delle spose. Valentina Visconti, figlia di Gian Galeazzo e sposa di Luigi d'Orleans aveva mazzi di carte che erano autentici capolavori d'arte e li usò per insegnare al proprio sposo alcuni giochi di intrattenimento, per dimostrare quanto la propria educazione matrimoniale fosse curata e finissima. Le carte, divennero poi strumenti diplomatici, usati come pregevoli doni da scambiarsi tra sovrani.
Inevitabilmente, verso la fine del Trecento, arrivano al popolo. Non vi è taverna, ostello o cambio di cavalli in cui non vi sia un mazzo di carte da mettere a disposizione dei clienti. Il gioco dilaga e con esso la preoccupazione delle autorità. La gente povera cerca nelle carte un rimedio alla fame e agli stenti, è disposta a mettere in ballo quel poco che ha pur di tentare il colpo di fortuna. Nasce così il gioco d'azzardo.
Alla fine del XIV secolo, quando le carte escono dalle corti dei sovrani e arrivano al popolo, il gioco d'azzardo dilaga, e con esso la preoccupazione delle autorità verso tutto quanto può nascondere vizio e destabilizzazione economica. I ceti più bassi cercano nelle carte la possibilità di un "colpo economico" altrimenti negato dalla loro condizione sociale.
Le autorità intervengono come possono. In Italia, il primo decreto contro il gioco d'azzardo lo emana a Milano il Vicario di Provvisione il 20 gennaio del 1418, e prevedeva una pena di florenos decem (ossia dieci fiorini, una cifra enorme per quei tempi) per chi adescava al gioco giovani al di sotto dei vent'anni servendosi di lecahabonum, flonos, offelletas, avellanas et consimilia, ovvero lecca-lecca, dolci, caramelle, mele cotte ed altri dolciumi. Ma non serve a nulla, tanto che due anni dopo, il 24 febbraio 1420, il nuovo Vicario e i Dodici di Provvisione consentono che si giochi, "purché sotto i vent'anni e secondo i vecchi usi, senza frode e senza inganno", lasciando inalterata la pena pecuniaria per i trasgressori. Insomma, una sorta di "giocate, ma siate onesti...".
Il diffondersi delle carestie, delle  miserie, delle pesti, contribuiscono al dilagare del gioco. Un po' come succede oggi: ai momenti economici critici, quando cioè il valore del denaro diminuisce, corrisponde spesso il picco massimo di alcuni giochi attuali. Allora come oggi, le carte, l'azzardo, mutano e da strumento di piacere si trasformano in motivo di speranza.
Per vincere con le carte, però, bisogna essere abilissimi e verso gli inizi del XVI secolo, nascono dunque le prime schole di baratarie, paragonabili alle "moderne" bische clandestine, nelle quali prosperano bari e "polli" da spennare. E il fenomeno si allarga: Firenze, Viterbo, Bolsena, Milano, Brescia, Bergamo e Venezia. In breve tempo, le carte "d'azzardo" prendono la via d'Oltralpe, arrivano in Francia, portate dalle truppe di Carlo VI di Francia, per poi approdare in Germania e in molte altre città europee. I divieti contro il gioco d'azzardo si susseguono un po' dappertutto. Il 1º dicembre del 1531 Francesco Sforza fa redigere un documento contro la: "barataria pubblica, in casa o in altro loco pubblico o privato ove concorreno molte et diverse persone a giocare giochi di zarro et altri proibiti". Il gioco maggiormente vietato è, appunto il Zarro, o Zaro, o Faro. L'antenato del nostro poker, re dei giochi d'azzardo.
Il fenomeno "Zarro", "Zaro" o "Faro", esplose attorno al XVI secolo. Indubbiamente, la persecuzione delle autorità dell'epoca nei confronti di questo gioco, considerato il più "pericoloso" tra quelli più in voga, contribuì alla sua diffusione. Si giocava a "Zarro" in ogni strato sociale, anche solo per il gusto di farlo, senza danaro in ballo.
Dalla Francia, arrivano le "carte nuove", numerate e, per la prima volta nella storia, con il raggruppamento in semi: cuori, quadri, fiori e picche. Vennero ribattezzate, appunto, "carte francesi" anche se non provenivano sempre ed unicamente dalla Francia e spesso erano contrassegnate con segni di fantasia. Basta andare al museo del Louvre per trovare mazzi di finissima fattura contrassegnate dal "semi" fantatici: le Muse, le Scienze, le Virtù, i Pianeti e tantissimi altri ancora.
La guerra di Francesco Sforza allo "Zarro" è persa: il gioco d'azzardo per eccellenza varca le frontiere rapidamente. Sempre nel XVI secolo, lo scrittore, medico e umanista francese Francois Rabelais (autore del ciclo di Gargantua e  Pantagruel ) lo descrive in una sua opera, diffondendolo in Francia presso i letterati dell'epoca che seguivano attentamente (anche condannandolo per la sua feroce satira nei confronti delle ipocrisie del clero) il lavoro dello studioso di Montpellier. Anche un contemporaneo di Rabelais, seppure più giovane, si interessò alle carte: era Michel de Notredame, più noto come Nostradamus, che studiò un modo di pronosticare il futuro con le carte.  
Il caso-limite, che evidenzia chiaramente l'ipocrisia dell'epoca, arriva da Caterina de' Medici, appassionata di gioco che aveva appreso dal potente zio, il papa Leone XI (1535- 1605). E' un fatto risaputo: i primi a giocare a carte, nonostante i divieti dell'epoca, furono proprio gli alti prelati...
Contemporaneamente, un gioco molto simile al poker, osteggiato come al solito dalle autorità perché considerato peccaminoso, compare in Inghilterra e si diffonde con rapidità eccezionale. E arriviamo ai "Padri Pellegrini" del Mayflower : da Plymouth parte la nave degli esuli, per l'America. L'America, un continente nuovo e affascinante nel quale rifarsi una vita. La storiografia ufficiale non chiarisce con certezza se le carte da gioco siano sbarcate in America assieme ai beni di prima necessità degli esuli. Fatto sta, che alcuni anni dopo l'avvento dei Fathers Pilgrims ecco comparire le "carte europee" sui tavoli del nuovo continente. Una coincidenza assai strana....
Lo scrittore-viaggiatore inglese John Josselyn, dopo un suo viaggio nella Nuova Inghilterra (siamo ai primi del '600) racconta che il gioco nel Nuovo Mondo è diffuso quanto l'uso del tabacco. Nel 1638 lo stesso Josselyn scrivendo del suo viaggio, inneggia all'uso del tabacco e a al gioco delle carte: "tiene lontani dalla bottiglia e dai demoni del corpo, diverte, rende gioviali, purché usato con moderazione".
Coloni, viaggiatori, cacciatori di pelli, minatori, tutti potevano liberamente giocarsi il proprio patrimonio alle carte e, se perdevano, era affar loro. Non vi erano divieti né restrizioni. L'importante era che non si barasse, altrimenti, vendetta privata e vendetta divina! E dove quella privata non arrivava, prima o poi sarebbe arrivata la mano di Dio. Come successe, secondo il governatore di Boston Charles Winthrop, i marinai della Mary Rose, nel porto di Charleston, saltarono in aria con la loro nave perché "erano empi, baravano al gioco, si rifiutavano di andare in chiesa e si lamentavano dei prezzi troppo bassi di Boston, troppo bassi per vendere la loro merce..". L'influenza dei Padri Pellegrini è molto forte, erano loro a teorizzare la punizione divina per i bari e la gente, spesso ignorante e credulona, dava loro ascolto. Il passare degli anni, "diluisce" il timore delle maledizioni e contribuisce a portare il gioco in ogni angolo remoto di un Paese che si sviluppava a velocità supersonica.
Due secoli dopo l'avvento dei Padri Pellegrini, Mark Twain descrive accuratamente in uno dei suoi racconti le show boats del Mississippi, i famosi battelli a pale che andavano su e giù per il fiume, trasportando giocatori professionisti dall'occhio lungo, formidabili nell'individuare la persona da truffare, con il trucco più vecchio del mondo: farli vincere all'inizio per poi "ripulirli" senza pietà. Negli ultimi decenni del 1800, New Orleans diviene la capitale del gioco d'azzardo e viene comunemente definita "il porto dei giocatori": non vi è casa privata, club, ristorante, albergo o bordello in cui non si giochi. Oltre a New Orleans, fa notizia anche il Texas, terra di cow boy, pascoli e agricoltori. Sui tavoli da gioco texani compare spesso uno sgradito ospite: la pistola.
Nel vecchio West si gioca a "poque", che diverrà presto "poker" il nome definitivo, americanizzato e tramandato fino ai nostri giorni.  Nei saloon la febbre del gioco è pari a quella epocale denominata "febbre dell'oro". L'epopea del West è ricchissima di aneddotica che parla del poker. Sceriffi, Bounty Killer famosi, militari, banditi, tutti attratti da questo gioco che spesso, troppo spesso chiamava in causa la pistola e finiva con un sanguinoso regolamento di conti. La cinematografia del genere western peraltro, è piena di scontri e duelli che hanno origine dal tavolo delle carte.
Il poker, dunque, entra in maniera trionfale nell'era moderna, si gioca nei casinò, nelle bische, autorizzate o clandestine che siano. Molti casinò organizzano tornei di poker tra appassionati e giocatori professionisti. Ma il poker è un vero e proprio fenomeno tra i giochi con le  carte, che ha trovato giusta collocazione anche nel mondo del cinema: come dimenticare infatti la splendida interpretazione di Steve Mc Queen in "Cincinnati Kid", storia di un abilissimo giocatore di poker che perde la "mano della vita" proprio alla fine del film? Oppure, per rimanere nei confini nazionali, indimenticabile è il film di Pupi Avati "Regalo di Natale", drammatica cronaca di una lunghissima e avvincente partita di poker, impreziosita dalla splendida interpretazione di Carlo Delle Piane e di Diego Abatantuono, che proprio con questo film diede la svolta decisiva alla sua carriera dopo i fasti del "terrungiello".
La variante più conosciuta è senza dubbio quella che si può giocare anche in due persone, a carte coperte o scoperte, con il nome di "Tennessina" (ovvia la sua origine: il Tennesse), ma che molti chiamano "Teresina" o "Telesina": ossia quello che normalmente viene chiamato "il poker americano". Nelle quattro diverse varianti (all'italiana, all'europea; jolly-poker, Tennessina) il gioco si basa su regole ben precise e su valori di carte ben definiti. Per il poker giocato nei circoli, nei club e nei casinò, esiste un regolamento internazionale che stabilisce in maniera precisa valori e punteggi e comportamento di gioco.

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