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Ultimo aggiornamento il 20/09/2024 alle ore 15:15

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20/09/2024 | 11:13

Tassa 500 milioni, la Corte d'Appello di Roma dà ragione ai concessionari: i gestori dovranno versare la somma richiesta

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Tassa 500 milioni la Corte d'Appello di Roma dà ragione ai concessionari: i gestori dovranno versare la somma richiesta

ROMA – I gestori della filiera dei giochi dovranno versare ai concessionari la somma prevista dalla “Tassa dei 500 milioni” introdotta dal Governo Renzi. E' quanto stabilito dalla Corte d'Appello di Roma, che si è pronunciata in favore dei secondi sull'intervento previsto dalla legge di stabilità 2015. Nella sentenza si spiega infatti che, come già ricordato dal Tar del Lazio, il versamento dell’onere di Stabilità, destinato dapprima a operare anche per gli anni successivi, è stato ridotto dal Legislatore unicamente all’anno 2015, trasformandosi da misura strutturale in un intervento una tantum posto a carico della filiera”. L'incidenza del versamento non è quindi “violativa del principio di proporzionalità” fissato dalla Corte Costituzionale nel 2015. Di conseguenza “stante la limitazione dell’efficacia della misura proprio ed esclusivamente all’annualità 2015, deve, inoltre, aggiungersi che non può essere condivisa la tesi dei ricorrenti in ordine alla ritenuta natura retroattiva del prelievo” poiché “il versamento è dovuto per il 2015, mentre il riferimento al numero degli apparecchi ascrivibili a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014 serve unicamente a stabilire la modalità di riparto dell’onere tra coloro che sono chiamati a concorrervi”. Secondo fonti legali, l’ultima fase della vicenda – certamente decisiva – sarà la decisione del Consiglio di Stato che dovrà pronunciarsi sull’illegittimità della Legge di Stabilità. 

LA VICENDA - La tassa da 500 milioni di euro venne introdotta con la Legge di Stabilità 2015: i concessionari degli apparecchi da gioco avrebbero dovuto versare 500 milioni di euro all'anno per tre anni, ma redistribuendo il costo dell'extra addizionale sull'intera filiera (che include anche le società di noleggio degli apparecchi e gli esercenti). La norma venne subito impugnata dai concessionari - prima al Tar Lazio e poi al Consiglio di Stato - perché di fatto impossibilitati a incassare le somme da gestori ed esercenti. L'anno successivo, la tassa venne di fatto abrogata e sostituita da un incremento del Preu sugli apparecchi; un intervento che portò la Corte Costituzionale - pure chiamata in causa - a rinviare nuovamente gli atti al Tar visto lo "ius superveniens" che aveva cancellato l'addizionale. Dopo la bocciatura in primo grado, i ricorsi presentati dai concessionari vennero rinviati dal Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia Europea, alla quale venne chiesto se la norma che riduceva i compensi solo agli operatori degli apparecchi fosse compatibile col diritto UE e se fosse legittimo ridurre questi compensi a concessione già "in corso".

La Corte Ue ha sottolineato che una simile norma non può essere fondata «esclusivamente su considerazioni attinenti al miglioramento delle finanze pubbliche»; hanno continuato, però, a sussistere dubbi riguardo l'impatto sulla redditività e gli investimenti dei concessionari. Proprio quest'ultimo punto è stato al centro dell'udienza davanti al Collegio della Quarta Sezione nel 2022, e nel 2023 è stata predisposta una perizia di verifica di “quale sia stato, per l’anno 2014, il fatturato totale” delle società.

GM/Agipro

Foto Credits George Hodan CC0 1.0

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