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Attualità e Politica

13/06/2018 | 12:28

Slot, tassa da 500 milioni: Corte Costituzionale rimanda la questione al Tar Lazio

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ROMA - Le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016 alla tassa da 500 milioni per i concessionari slot e vlt hanno cambiato i presupposti delle questioni di costituzionalità sollevate da società ed esercenti. È quanto si legge nella sentenza della Corte Costituzionale pubblicata oggi che restituisce al Tar Lazio gli atti della causa per una nuova valutazione. L’abrogazione della tassa (che è stata valida solo nel 2015) e i chiarimenti sulla distribuzione del prelievo tra concessionari, gestori ed esercenti si muovono «nella stessa direzione delle censure denunciate del Tar» e rendono «indispensabile la nuova valutazione».

Con la legge di stabilità 2016, scrive la Consulta, «il legislatore ha desistito dall’assegnare al prelievo forzoso a carico dei concessionari la stabilità di un istituto a regime, valido anche per gli anni successivi al 2015, optando invece, per un inasprimento dell’imposizione fiscale costituita dal PREU». Un intervento decisivo, con efficacia retroattiva, è arrivato anche sulle modalità di riscossione della tassa: «Il prelievo forzoso non è più solo a carico dei concessionari, ma si applica a ciascun operatore della filiera, e per essi il criterio di riparto dell’onere economico aggiuntivo è fissato direttamente dalla legge (e non più affidato ad un’incerta rinegoziazione degli accordi contrattuali) in misura proporzionale alla partecipazione di ciascun operatore della filiera». La situazione si è dunque «profondamente modificata in melius» per tutti: «Sia per i concessionari, inizialmente obbligati essi soli per l’intero ed ora (in forza della disposizione sopravvenuta) obbligati unitamente a tutti gli altri operatori della filiera, tenuti anch’essi in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015; sia per gestori ed esercenti, inizialmente tenuti a riversare l’intero ricavato delle giocate, senza possibilità di trattenere il compenso loro spettante, ed ora obbligati anch’essi, ma solo in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015». È per questo, conclude la Corte, che è «mutato il presupposto della non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità». LL/Agipro

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