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Poker & Casinò

09/10/2014 | 14:10

Poker: Phil Ivey "legge" le carte e sbanca il casinò, ma per il tribunale è un baro

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poker phil ivey legge le carte e sbanca il casinò ma per il tribunale è un baro

ROMA - Aveva vinto 10 milioni di euro al casinò, ma la sala da gioco si è rifiutata di pagargli la somma, perché aveva individuato un modo per riconoscere le carte. Si conclude con un nulla di fatto la vicenda di Phil Ivey, uno dei campioni più affermati del poker (con quasi 17 milioni di dollari vinti in carriera è soprannominato il Tiger Woods del poker) che aveva fatto causa al Crockfords Casinò di Londra, dove nell'agosto del 2012 era stato protagonista di una incredibile sessione di baccarat. In due giorni era riuscito a vincere circa 8 milioni di sterline (quasi dieci milioni di euro, appunto). Una somma mai arrivata sul suo conto, però: il casinò osservando le immagini delle telecamere a circuito chiuso aveva notato che Ivey aveva utilizzato la tecnica dell'"edge-sorting", un sistema che permette di riconoscere le carte osservandone le imperfezioni sul dorso. Ivey, ripetutamente, aveva chiesto ai croupier di girare le carte di 180 gradi una volta uscite dal sabot, per poterle osservare meglio e decidere se stare o chiamare ancora, una volta riconosciute. Di qui la decisione della sala da gioco di non pagare la vincita e restituire al giocatore le puntate effettuate, circa 1,2 milioni di euro. La vicenda era poi finita all'Alta Corte di Londra dove ieri il giudice ha dato ragione al casinò, ritenendo legittima la decisione di non pagare le vincite. Ivey, reclamando la somma incriminata, sosteneva di non aver mai barato, ma semplicemente di aver sfruttato, grazie alle abilità maturate in anni di carriera al tavolo verde, una «falla di sicurezza del casinò». Di diverso parere è stato invece il giudice secondo il quale Ivey avrebbe utilizzato gli ignari croupier come «innocenti mezzi» per i propri scopi, un comportamento che può essere definito «barare secondo il codice civile». AG/Agipro

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